One With You (capitolo 2) di Sylvia Day

La cara Sylvia Day, in attesa di farci avere il 5° e si spera ultimo libro della serie Crossfire,  ha deciso di postare il secondo capitolo di One With You. Questo capitolo è scritto dal punto di vista di Gideon ed ecco a voi la traduzione:





Ancora fiori?" biascicò Arash Madami entrando nel mio ufficio attraversò le doppie porte di vetro aperte.
Il capo dei miei avvocati si diresse dove le rose bianche di Eva decoravano la zona principale dei posti a sedere. Le avrei fatte sistemare sul tavolino da caffè in modo da averle davanti alla mia vista. Mettendole lì mi avrebbero distratto con successo dai ticker azionari in streaming sugli schermi a parete dietro di loro.
Il biglietto che accompagnava i fiori era posizionato sul vetro fumé della mia scrivania e lo toccai mentre rileggevo per la centesima volta quelle parole.
Arash tirò fuori una rosa e se la avvicinò al naso. "Qual'è il segreto per farsi mandare alcune di queste?"
Mi appoggiai allo schienale notando distrattamente che la cravatta color smeraldo si abbinava alle caraffe ingioiellate che decoravano il bar. Prima del suo arrivo, le caraffe dai colori vivaci e il vaso rosso di Eva erano state le uniche macchie di colore nella distesa monocromatica del mio ufficio. "La donna giusta."
Risistemò il fiore dentro il vaso "Continua pure a girare il coltello nella piaga, Cross".
"Preferisco gongolare in silenzio. Hai qualcosa per me?"
Avvicinandosi alla scrivania sorrise in un modo che mi fece capire quanto amasse il suo lavoro, non che ne avessi mai dubitato. La sua rapacità era sviluppata tanto quanto la mia.
"L'accordo Morgan sta felicemente giungendo alla conclusione." Dopo essersi aggiustato i pantaloni si sedette su una delle due sedie di fronte alla mia scrivania. Il suo stile era leggermente più appariscente rispetto al mio ma, non aveva nessun difetto. "Abbiamo sistemato i punti più salienti, alcune clausole sono ancora in stallo ma saremo pronti entro la prossima settimana."
"Bene"
"Sei un uomo di poche parole."  Con indifferenza chiese "Usciamo insieme questo fine settimana?"
Scossi la testa. "Eva potrebbe voler uscire. Se così fosse, proverò a parlarle di questa uscita".
Arash rise "Devo dirtelo, mi aspettavo che ti sistemassi a un certo punto - prima o poi lo facciamo tutti, alla fine - ma pensavo che avrei avuto qualche avvertimento."
"Anche io."  "In realtà non è del tutto vero. Non mi sarei mai aspettato di condividere la mia vita con qualcuno. Non ho mai negato il fatto che il mio passato oscurasse il mio presente ma, non ho mai sentito il bisogno di dividere quel passato con qualcuno prima di Eva. Il passato non può essere cambiato quindi perchè rivangarlo?"
Mi alzai e mi diressi verso una delle due finestre a parete che incorniciavano il mio ufficio. Mi persi nell'urbano splendore della città che si trovava al di là del vetro.
Non sapevo che Eva fosse lì fuori, avevo anche paura di sognare l'unica persona al mondo che avrebbe accettato e amato ogni sfaccettatura di me.
Come è stato possibile che io l'abbia trovata qui, a Manhattan, presso il gigantesco edificio che ho fatto costruire nonostante tutti lo sconsigliassero e i grandi rischi? Dicevano che era troppo costoso e non necessario. Ma io volevo che il nome dei Cross fosse ricordato e menzionato in maniera differente. Mio padre aveva trascinato il nostro nome nel fango e io lo avevo risollevato sopra le vette della città più importante del mondo.
"Non hai mai mostrato alcun segnale a proposito di questa inclinazione," Arash disse alle mie spalle. "Se ricordo correttamente, hai fatto colpo su due donne quando siamo usciti per il Cinco de Mayo e un paio di settimane dopo mi hai fatto stilare un folle accordo prematrimoniale."
Esaminai la città, prendendomi un raro momento per apprezzare il panorama offertomi dall'altezza e dalla posizione del Crossfire.
"Da quando ci conosciamo mi hai mai visto perdere tempo nel sigillare un accordo?"
"Una cosa è espandere il tuo portafoglio e un'altra è riavviare la tua vita da un giorno all'altro" ridacchiò. "Quindi, quali sono i vostri piani? Provare subito la nuova casa sulla spiaggia?"
"Ottima idea" Il mio obbiettivo era prendere mia moglie e tornare negli Outer Banks. Ero felice quando stavo da solo con lei. Lei mi ha rigenerato, mi ha fatto pregustare di vivere in un modo che non avevo mai fatto prima.
Ho costruito il mio impero con il passato nella mente. Ora, grazie a lei, voglio continuare a costuirlo per il nostro futuro.
Il telefono sulla scrivania lampeggiò. Era Scott sulla linea uno. Premetti il bottone e la sua voce arrivò attraverso l'altoparlante. "Corinne Giroux alla receptions. Dice che le servono giusto un paio di minuti per lasciarvi qualcosa. Dato che è privata vuole darvela personalmente." 
"Naturalmente lo farà," intervenne Arash. "Forse sono altri fiori."
Gli lanciai un'occhiataccia. "Donna sbagliata"
"Se solo le mie donne sbagliate assomigliassero a Corinne." Si alzò ed uscì. "Buona fortuna."
Guardai l'orologio. Le 16:45. "Mrs. Giroux può avere 10 minuti."
Non avrebbe preso più di quel tempo da me per dire ciò che doveva essere detto.
Attraverso il vetro che separava il mio ufficio dal resto del piano, vidi Scott alzarsi per salutare Corinne non appena lei girò l'angolo. Notai il modo in cui lei sorrideva ad Arash mentre gli passava accanto, prima di girare la testa e incontrare il mio sguardo. Il suo sorriso si allargò ulteriormente, trasformandola da bellissima a straordinaria. Posso ammirarla in un modo in cui ammirerei chiunque tranne Eva - oggettivamente e senza passione
Ora che sono felicemente sposato, posso comprendere appieno che terribile errore avrei fatto se avessi sposato Corinne. Sfortunatamente per noi lei non vuole vederlo.
Mi alzai e girai intorno alla mia scrivania.
Lei entrò nel mio ufficio con degli stiletti rossi. L'abito senza spalline che indossava era della stessa tonalità delle scarpe e metteva in mostra le sue lunghe gambe e la pelle chiara. Portava i capelli sciolti e le ciocche nere scivolavano attorno alle spalle nude. Era l'esatto opposto di mia moglie ma era l'immagine speculare di ogni altra che era passata nella mia vita.
"Gideon. Ti ringrazio per avermi ricevuta."
"Corinne." Mi appoggiai alla scrivania e incrociai le braccia "Non ho molto tempo."
"Me lo hanno detto." Sorrise ma i suoi occhi color acquamarina erano tristi.
Aveva una piccola scatola rossa infilata sotto il braccio. Quando mi raggiunse la tirò fuori e me la offrì.
"Cos'è questo?"  Chiesi, senza raggiungerla per prenderla.
"Queste sono le foto che appariranno nel libro."
Il mio sopracciglio si inarcò. Mi ritrovai a distendermi e accettai la scatola spinto dalla curiosità.
Non era passato molto tempo da quando stavamo assieme ma ricordavo a malapena i dettagli. Quello che avevo erano impressioni, grandi momenti e rimpianto. Ero stato così giovane e pericolosamente privo di autoconsapevolezza.
Corinne ponendo la sua borsetta sulla mia scrivania si mosse in modo da far sfiorare il suo braccio contro il mio. Diffidente premetti il bottone che controllava l'opacità della parete di vetro.
Se voleva mettere su uno spettacolo, mi sarei assicurato che non avrebbe avuto un pubblico.
Togliendo il coperchio alla scatola, mi ritrovai di fronte una foto di Corinne e me aggrovigliati davanti a un falò. La sua testa era annidata nella piega della mia spalla, il suo volto era inclinato verso di me in modo che potessi baciarla sulle labbra.
Il ricordo mi assalì subito. Avevamo preso parte a una gita giornaliera a casa di un amico negli Hamptons.Il tempo era stato freddo mentre cominciava a cedere il passo all'inverno.
In quella foto sembravamo felici e innamorati e, in un certo senso, suppongo che lo fossimo. Ma io avevo rifiutato l'invito a trascorrere lì la notte nonostante l'evidente delusione di Corinne. Con i miei incubi non potevo dormire accanto a lei e non avrei potuto scoparla, anche se sapevo che era quello che voleva, perchè la camera d'albergo che riservavo a questo scopo era a miglia di distanza.
Così tante inibizioni. Così tante bugie e sotterfugi.
Presi un respiro profondo e lasciai andare il passato. "Eva e io ci siamo sposati 3 settimane fa".
Lei si irrigidì.
Misi la scatola sulla scrivania, raggiunsi lo smartphone e le mostrai l'immagine che faceva da wallpaper al mio schermo; Eva e io condividevamo il bacio che aveva suggellato i nostri voti.
Girando la testa Corinne distolse lo sguardo. Quindi raggiunse la scatola e sfogliando le prime foto ne tirò fuori una di noi sulla spiaggia. Mi trovavo in piedi, immerso fino alla cintola sopra le onde. Corinne era attorcigliata intorno a me da davanti, le gambe avvolte intorno alla mia vita, le braccia poggiate sulle spalle e le mani nei capelli. La sua testa era scossa da una risata, la sua allegria irradiava da quell'immagine. La stringevo con forza, il mio volto era rivolto verso l'alto per guardarla. C'era gratitudine, meraviglia, affetto e desiderio. Gli estranei avrebbero visto e pensato che fosse amore.
Corinne si sporse, guardando prima la foto e poi me. La sua aspettativa era tangibile, come se dovesse colpirmi una epifania monumentale. Si mise a giocare con la sua collana e capii che era quella che le avevo dato, un piccolo cuore d'oro in una semplice catenina.
Ma che cazzo. Non ricordo nemmeno chi fece quella maledetta foto o dove eravamo in quel momento e nemmeno mi importa.
"Cosa ti aspetti che dimostrino queste foto, Corinne? Uscivamo insieme e poi ci siamo lasciati. Tu ti sei sposata e ora l'ho fatto io. Non c'è nient'altro."
"Allora perchè sei così sconvolto? Non sei rimasto indifferente, Gideon."
"No, sono irritato. Solo questo mi fa apprezzare ancora di più quello che ho con Eva e sapendo che le faranno sicuramente del male come l'inferno, queste non mi fanno sentire sentimentale  sul passato. Questo è il nostro ultimo addio, Corinne."  Tenni il suo sguardo assicurandomi di farle vedere la mia decisione. "Se ritornerai, io non ti riceverò."
"Non tornerò. Dovrai..."
Scott fece suonare il telefono e io lo presi. "Si?"
"Miss Tramell è qui per lei."
Mi appoggiai nuovamente alla scrivania e toccai il pulsante che aprì le porte. Un' istante più tardi entrò Eva.
Verrà mai il giorno in cui vedendola non sentirò mancarmi la terra sotto ai piedi?
Si fermò bruscamente.
Corinne parlò per prima "Ciao Eva."
Raddrizzandomi gettai le foto nella scatola e andai da mia moglie. Rispetto a Corinne era vestita in maniera pudica con un gonna nera gessata e una camicetta di seta senza maniche che brillava come una perla. L'ondata di calore che provai era la prova di cui avevo bisogno per decretare quale era la donna più sexy.
Eva. Ora e per sempre.
Sentii l'attrazione e mi avvicinai attraversando la stanza con lunghi passi veloci.
Angelo.
Non ho detto la parola a voce alta, non ho voluto che Corinne la sentisse ma ho potuto vedere che Eva l'ha sentita. Raggiunsi la sua mano e sentii un brivido di consapevolezza che me la fece stringere.
Spostò lo sguardo oltre me e riconobbe la donna che non rappresentava una rivale per lei. "Corinne."
Non mi voltai a guardare, i miei occhi erano solo per Eva.
"Io devo andare," disse Corinne dietro di me. "Queste copie sono per te Gideon."
Incapace di togliere lo sguardo da mia moglie le parlai da sopra una spalla. "Prendile con te. Io non le voglio."
"Dovresti guardarle da cima a fondo,"  ribattè lei avvicinandosi.
"Perchè?"  Esasperato guardai Corinne quando si fermò accanto a noi. "Se avessi alcun interesse a vederle, posso sempre sfogliare il tuo libro."
Il suo sorriso si serrò. "Arrivederci Eva. Gideon."
Non appena se ne andò feci un altro passo di distanza verso mia moglie chiudendo l'ultimo pezzo di distanza tra noi. Le presi l'altra mano, mi appoggiai su di lei e respirai il suo profumo. Non appena mi ebbe permeato i sensi, sentii la calma dentro di me.
"Sono felice che tu sia venuta." Le sussurrai le parole sulla fronte, necessitavo di ogni connessione che avrei potuto gestire. "Mi sei mancata così tanto."
Chiuse gli occhi e si appoggiò a me con un sospiro.
Sentendo la pressione persistente in lei strinsi la mia presa sulle sue mani. "Stai bene?"
"Si, sto bene. E' solo che non mi aspettavo di vederla."
"Nemmeno io me lo aspettavo."  Per quanto odi allontanarla, odio ancora di più il pensiero di quelle foto.
Tornai alla mia scrivania e, dopo aver messo il coperchio alla scatola, buttai tutto nel cestino.
"Ho lasciato il mio lavoro" disse "Domani è il mio ultimo giorno."
Questo era quello che volevo, quello che credevo fosse la decisione migliore e più sicura per lei da prendere ma, sapevo che quella decisione era stata difficile per lei da prendere. Eva amava il suo lavoro e le persone con cui lavorava.
Sapendo quanto bene mi poteva leggere, mantenni il mio tono neutrale. "Lo hai fatto?"
"Si"
La studiai ."Allora, quali sono i tuoi progetti per il futuro?"
"Ho un matrimonio da organizzare."
"Ah" .La mia bocca si curvò. Dopo giorni in cui temevo che ci avrebbe ripensato e che voleva uscirne, mi sentii sollevato nel sentire il contrario. "Buono a sapersi."
Le feci cenno di avvicinarsi arcuando il mio dito.
"Incontriamoci a metà strada," mi rispose di rimando, con un lampo di sfida negli occhi.
Come posso resistere? Ci incontrammo in mezzo alla stanza.
Questo era il motivo per cui avremmo superato questo e qualsiasi altro ostacolo ci fosse comparso davanti: Ci saremmo incontrati a metà strada.
Lei non potrebbe mai essere la moglie docile che il mio amico Arnoldo Ricci desidererebbe accanto a me. Eva è troppo indipendente e troppo fiera. Lei ha un temperamento che si accende senza preavviso e una vena di gelosia larga un miglio. E' esigente e testarda e mi sfida solo per farmi impazzire.
E tutto ciò funzionava in un modo che non aveva mai funzionato con qualsiasi altra donna perchè solo Eva era destinata a me. Io credo in questo come non credo in nient'altro.
"E' questo ciò che vuoi?" le chiesi tranquillamente, cercando il suo viso per vedere la risposta.
"Tu sei quello che voglio. Il resto è solo logistica."
La mia bocca divenne improvvisamente secca e il battito cardiaco troppo rapido. Quando lei lasciò la mia mano per passarla tra i miei capelli le presi il polso e strinsi il suo palmo sulla mia guancia, chiusi gli occhi come se fossi assorbito dal suo tocco.
La settimana passata scomparve. I giorni passati separati, le ore di silenzio, la paura paralizzante... Lei era tutto il giorno che mi stava dimostrando di essere pronta ad andare avanti, che avevo fatto la scelta giusta nel parlare con il Dott. Petersen. Nel parlare con lei.
Non solo non si era allontanata ma, mi desiderava di più. E lei chiamava me miracolo?
Eva sospirò. Sentii l'ultimo strato della sua tensione andare via. Siamo rimasti lì, a ricollegarci l'un l'altro, prendendo la forza di cui avevamo bisogno. Mi scosse nel profondo sapere che io potevo donarle un pò di pace.
Cosa mi aveva donato lei?
Tutto quanto.










Traduzione a cura di Silvia e di proprietà di Vivere nei libri - E' vietato copiare totalmente o parzialmente e riprodurre i contenuti senza citarne la fonte.


 






2 commenti:

  1. Admin sei sempre una grande, traduzione perfetta e sempre in prima fila con le informazioni!
    Papera

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