Ancora fiori?" biascicò Arash Madami
entrando nel mio ufficio attraversò le doppie porte di vetro aperte.
Il capo dei miei avvocati si diresse dove le
rose bianche di Eva decoravano la zona principale dei posti a sedere. Le avrei
fatte sistemare sul tavolino da caffè in modo da averle davanti alla mia vista.
Mettendole lì mi avrebbero distratto con successo dai ticker azionari in
streaming sugli schermi a parete dietro di loro.
Il biglietto che accompagnava i fiori era
posizionato sul vetro fumé della mia scrivania e lo toccai mentre rileggevo per
la centesima volta quelle parole.
Arash tirò fuori una rosa e se la avvicinò al
naso. "Qual'è il segreto per farsi mandare alcune di queste?"
Mi appoggiai allo schienale notando distrattamente
che la cravatta color smeraldo si abbinava alle caraffe ingioiellate che
decoravano il bar. Prima del suo arrivo, le caraffe dai colori vivaci e il vaso
rosso di Eva erano state le uniche macchie di colore nella distesa
monocromatica del mio ufficio. "La donna giusta."
Risistemò il fiore dentro il vaso "Continua
pure a girare il coltello nella piaga, Cross".
"Preferisco gongolare in silenzio. Hai
qualcosa per me?"
Avvicinandosi alla scrivania sorrise in un modo
che mi fece capire quanto amasse il suo lavoro, non che ne avessi mai dubitato.
La sua rapacità era sviluppata tanto quanto la mia.
"L'accordo Morgan sta felicemente giungendo
alla conclusione." Dopo essersi aggiustato i pantaloni si sedette su una delle
due sedie di fronte alla mia scrivania. Il suo stile era leggermente più
appariscente rispetto al mio ma, non aveva nessun difetto. "Abbiamo
sistemato i punti più salienti, alcune clausole sono ancora in stallo ma saremo
pronti entro la prossima settimana."
"Bene"
"Sei un uomo di poche parole." Con indifferenza chiese "Usciamo
insieme questo fine settimana?"
Scossi la testa. "Eva potrebbe voler
uscire. Se così fosse, proverò a parlarle di questa uscita".
Arash rise "Devo dirtelo, mi aspettavo
che ti sistemassi a un certo punto - prima o poi lo facciamo tutti, alla fine -
ma pensavo che avrei avuto qualche avvertimento."
"Anche io." "In realtà non
è del tutto vero. Non mi sarei mai aspettato di condividere la mia vita con
qualcuno. Non ho mai negato il fatto che il mio passato oscurasse il mio
presente ma, non ho mai sentito il bisogno di dividere quel passato con qualcuno
prima di Eva. Il passato non può essere cambiato quindi perchè
rivangarlo?"
Mi alzai e mi diressi verso una delle due
finestre a parete che incorniciavano il mio ufficio. Mi persi nell'urbano
splendore della città che si trovava al di là del vetro.
Non sapevo che Eva fosse lì fuori, avevo anche
paura di sognare l'unica persona al mondo che avrebbe accettato e amato ogni
sfaccettatura di me.
Come è stato possibile che io l'abbia trovata
qui, a Manhattan, presso il gigantesco edificio che ho fatto costruire
nonostante tutti lo sconsigliassero e i grandi rischi? Dicevano che era troppo
costoso e non necessario. Ma io volevo che il nome dei Cross fosse ricordato e
menzionato in maniera differente. Mio padre aveva trascinato il nostro nome nel
fango e io lo avevo risollevato sopra le vette della città più importante del
mondo.
"Non hai mai mostrato alcun segnale a
proposito di questa inclinazione," Arash disse alle mie spalle. "Se ricordo
correttamente, hai fatto colpo su due donne quando siamo usciti per il Cinco de
Mayo e un paio di settimane dopo mi hai fatto stilare un folle accordo
prematrimoniale."
Esaminai la città, prendendomi un raro momento
per apprezzare il panorama offertomi dall'altezza e dalla posizione del
Crossfire.
"Da quando ci conosciamo mi hai mai visto
perdere tempo nel sigillare un accordo?"
"Una cosa è espandere il tuo portafoglio e
un'altra è riavviare la tua vita da un giorno all'altro" ridacchiò. "Quindi,
quali sono i vostri piani? Provare subito la nuova casa sulla spiaggia?"
"Ottima idea" Il mio obbiettivo era
prendere mia moglie e tornare negli Outer Banks. Ero felice quando stavo da
solo con lei. Lei mi ha rigenerato, mi ha fatto pregustare di vivere in un modo
che non avevo mai fatto prima.
Ho costruito il mio impero con il passato nella
mente. Ora, grazie a lei, voglio continuare a costuirlo per il nostro futuro.
Il telefono sulla scrivania lampeggiò. Era Scott
sulla linea uno. Premetti il bottone e la sua voce arrivò attraverso
l'altoparlante. "Corinne Giroux alla receptions. Dice che le servono
giusto un paio di minuti per lasciarvi qualcosa. Dato che è privata vuole
darvela personalmente."
"Naturalmente lo farà," intervenne Arash. "Forse
sono altri fiori."
Gli lanciai un'occhiataccia. "Donna
sbagliata"
"Se solo le mie donne sbagliate
assomigliassero a Corinne." Si alzò ed uscì. "Buona fortuna."
Guardai l'orologio. Le 16:45. "Mrs.
Giroux può avere 10 minuti."
Non avrebbe preso più di quel tempo da me per
dire ciò che doveva essere detto.
Attraverso il vetro che separava il mio ufficio
dal resto del piano, vidi Scott alzarsi per salutare Corinne non appena lei
girò l'angolo. Notai il modo in cui lei sorrideva ad Arash mentre gli passava
accanto, prima di girare la testa e incontrare il mio sguardo. Il suo sorriso
si allargò ulteriormente, trasformandola da bellissima a straordinaria. Posso
ammirarla in un modo in cui ammirerei chiunque tranne Eva - oggettivamente e
senza passione
Ora che sono felicemente sposato, posso
comprendere appieno che terribile errore avrei fatto se avessi sposato Corinne.
Sfortunatamente per noi lei non vuole vederlo.
Mi alzai e girai intorno alla mia scrivania.
Lei entrò nel mio ufficio con degli stiletti
rossi. L'abito senza spalline che indossava era della stessa tonalità delle
scarpe e metteva in mostra le sue lunghe gambe e la pelle chiara. Portava i
capelli sciolti e le ciocche nere scivolavano attorno alle spalle nude. Era
l'esatto opposto di mia moglie ma era l'immagine speculare di ogni altra che
era passata nella mia vita.
"Gideon. Ti ringrazio per avermi
ricevuta."
"Corinne." Mi appoggiai alla
scrivania e incrociai le braccia "Non ho molto tempo."
"Me lo hanno detto." Sorrise ma i suoi occhi
color acquamarina erano tristi.
Aveva una piccola scatola rossa infilata sotto
il braccio. Quando mi raggiunse la tirò fuori e me la offrì.
"Cos'è questo?" Chiesi, senza
raggiungerla per prenderla.
"Queste sono le foto che appariranno nel
libro."
Il mio sopracciglio si inarcò. Mi ritrovai a
distendermi e accettai la scatola spinto dalla curiosità.
Non era passato molto tempo da quando stavamo
assieme ma ricordavo a malapena i dettagli. Quello che avevo erano impressioni,
grandi momenti e rimpianto. Ero stato così giovane e pericolosamente privo di
autoconsapevolezza.
Corinne ponendo la sua borsetta sulla mia scrivania
si mosse in modo da far sfiorare il suo braccio contro il mio. Diffidente
premetti il bottone che controllava l'opacità della parete di vetro.
Se voleva mettere su uno spettacolo, mi sarei
assicurato che non avrebbe avuto un pubblico.
Togliendo il coperchio alla scatola, mi ritrovai
di fronte una foto di Corinne e me aggrovigliati davanti a un falò. La sua
testa era annidata nella piega della mia spalla, il suo volto era inclinato
verso di me in modo che potessi baciarla sulle labbra.
Il ricordo mi assalì subito. Avevamo preso parte
a una gita giornaliera a casa di un amico negli Hamptons.Il tempo era stato
freddo mentre cominciava a cedere il passo all'inverno.
In quella foto sembravamo felici e innamorati e,
in un certo senso, suppongo che lo fossimo. Ma io avevo rifiutato l'invito a
trascorrere lì la notte nonostante l'evidente delusione di Corinne. Con i miei
incubi non potevo dormire accanto a lei e non avrei potuto scoparla, anche se
sapevo che era quello che voleva, perchè la camera d'albergo che riservavo a
questo scopo era a miglia di distanza.
Così tante inibizioni. Così tante bugie e
sotterfugi.
Presi un respiro profondo e lasciai andare il
passato. "Eva e io ci siamo sposati 3 settimane fa".
Lei si irrigidì.
Misi la scatola sulla scrivania, raggiunsi lo
smartphone e le mostrai l'immagine che faceva da wallpaper al mio schermo; Eva
e io condividevamo il bacio che aveva suggellato i nostri voti.
Girando la testa Corinne distolse lo sguardo.
Quindi raggiunse la scatola e sfogliando le prime foto ne tirò fuori una di noi
sulla spiaggia. Mi trovavo in piedi, immerso fino alla cintola sopra le onde.
Corinne era attorcigliata intorno a me da davanti, le gambe avvolte intorno
alla mia vita, le braccia poggiate sulle spalle e le mani nei capelli. La sua testa
era scossa da una risata, la sua allegria irradiava da quell'immagine. La
stringevo con forza, il mio volto era rivolto verso l'alto per guardarla. C'era
gratitudine, meraviglia, affetto e desiderio. Gli estranei avrebbero visto e
pensato che fosse amore.
Corinne si sporse, guardando prima la foto e poi
me. La sua aspettativa era tangibile, come se dovesse colpirmi una epifania
monumentale. Si mise a giocare con la sua collana e capii che era quella che le
avevo dato, un piccolo cuore d'oro in una semplice catenina.
Ma che cazzo. Non ricordo nemmeno chi fece
quella maledetta foto o dove eravamo in quel momento e nemmeno mi importa.
"Cosa ti aspetti che dimostrino queste
foto, Corinne?
Uscivamo insieme e poi ci siamo lasciati. Tu ti sei sposata e ora l'ho fatto
io. Non c'è nient'altro."
"Allora perchè sei così sconvolto? Non sei
rimasto indifferente, Gideon."
"No, sono irritato. Solo questo mi fa
apprezzare ancora di più quello che ho con Eva e sapendo che le faranno
sicuramente del male come l'inferno, queste non mi fanno sentire
sentimentale sul passato. Questo è il nostro ultimo addio,
Corinne." Tenni
il suo sguardo assicurandomi di farle vedere la mia decisione. "Se
ritornerai, io non ti riceverò."
"Non tornerò. Dovrai..."
Scott fece suonare il telefono e io lo presi. "Si?"
"Miss Tramell è qui per lei."
Mi appoggiai nuovamente alla scrivania e toccai
il pulsante che aprì le porte. Un' istante più tardi entrò Eva.
Verrà mai il giorno in cui vedendola non sentirò
mancarmi la terra sotto ai piedi?
Si fermò bruscamente.
Corinne parlò per prima "Ciao Eva."
Raddrizzandomi gettai le foto nella scatola e
andai da mia moglie. Rispetto a Corinne era vestita in maniera pudica con un
gonna nera gessata e una camicetta di seta senza maniche che brillava come una
perla. L'ondata di calore che provai era la prova di cui avevo bisogno per
decretare quale era la donna più sexy.
Eva. Ora e per sempre.
Sentii l'attrazione e mi avvicinai attraversando
la stanza con lunghi passi veloci.
Angelo.
Non ho detto la parola a voce alta, non ho
voluto che Corinne la sentisse ma ho potuto vedere che Eva l'ha sentita.
Raggiunsi la sua mano e sentii un brivido di consapevolezza che me la fece
stringere.
Spostò lo sguardo oltre me e riconobbe la donna
che non rappresentava una rivale per lei. "Corinne."
Non mi voltai a guardare, i miei occhi erano
solo per Eva.
"Io devo andare," disse Corinne dietro di
me. "Queste copie sono per te Gideon."
Incapace di togliere lo sguardo da mia moglie le
parlai da sopra una spalla. "Prendile con te. Io non le voglio."
"Dovresti guardarle da cima a
fondo," ribattè
lei avvicinandosi.
"Perchè?" Esasperato guardai
Corinne quando si fermò accanto a noi. "Se avessi alcun interesse a
vederle, posso sempre sfogliare il tuo libro."
Il suo sorriso si serrò. "Arrivederci
Eva. Gideon."
Non appena se ne andò feci un altro passo di
distanza verso mia moglie chiudendo l'ultimo pezzo di distanza tra noi. Le
presi l'altra mano, mi appoggiai su di lei e respirai il suo profumo. Non
appena mi ebbe permeato i sensi, sentii la calma dentro di me.
"Sono felice che tu sia venuta." Le sussurrai le parole
sulla fronte, necessitavo di ogni connessione che avrei potuto gestire. "Mi
sei mancata così tanto."
Chiuse gli occhi e si appoggiò a me con
un sospiro.
Sentendo la pressione persistente in lei strinsi
la mia presa sulle sue mani. "Stai bene?"
"Si, sto bene. E' solo che non mi aspettavo
di vederla."
"Nemmeno io me lo aspettavo." Per quanto odi
allontanarla, odio ancora di più il pensiero di quelle foto.
Tornai alla mia scrivania e, dopo aver messo il
coperchio alla scatola, buttai tutto nel cestino.
"Ho lasciato il mio lavoro" disse "Domani è
il mio ultimo giorno."
Questo era quello che volevo, quello che credevo
fosse la decisione migliore e più sicura per lei da prendere ma, sapevo che
quella decisione era stata difficile per lei da prendere. Eva amava il suo
lavoro e le persone con cui lavorava.
Sapendo quanto bene mi poteva leggere, mantenni
il mio tono neutrale. "Lo hai fatto?"
"Si"
La studiai ."Allora, quali sono i tuoi
progetti per il futuro?"
"Ho un matrimonio da organizzare."
"Ah" .La mia bocca si curvò.
Dopo giorni in cui temevo che ci avrebbe ripensato e che voleva uscirne, mi
sentii sollevato nel sentire il contrario. "Buono a sapersi."
Le feci cenno di avvicinarsi arcuando il mio
dito.
"Incontriamoci a metà strada," mi rispose di rimando,
con un lampo di sfida negli occhi.
Come posso resistere? Ci incontrammo in mezzo
alla stanza.
Questo era il motivo per cui avremmo superato
questo e qualsiasi altro ostacolo ci fosse comparso davanti: Ci saremmo
incontrati a metà strada.
Lei non potrebbe mai essere la moglie docile che
il mio amico Arnoldo Ricci desidererebbe accanto a me. Eva è troppo
indipendente e troppo fiera. Lei ha un temperamento che si accende senza
preavviso e una vena di gelosia larga un miglio. E' esigente e testarda e mi
sfida solo per farmi impazzire.
E tutto ciò funzionava in un modo che non aveva
mai funzionato con qualsiasi altra donna perchè solo Eva era destinata a me. Io
credo in questo come non credo in nient'altro.
"E' questo ciò che vuoi?" le chiesi
tranquillamente, cercando il suo viso per vedere la risposta.
"Tu sei quello che voglio. Il resto è solo logistica."
La mia bocca divenne improvvisamente secca e il
battito cardiaco troppo rapido. Quando lei lasciò la mia mano per passarla tra
i miei capelli le presi il polso e strinsi il suo palmo sulla mia guancia,
chiusi gli occhi come se fossi assorbito dal suo tocco.
La settimana passata scomparve. I giorni passati
separati, le ore di silenzio, la paura paralizzante... Lei era tutto il giorno
che mi stava dimostrando di essere pronta ad andare avanti, che avevo fatto la
scelta giusta nel parlare con il Dott. Petersen. Nel parlare con lei.
Non solo non si era allontanata ma, mi
desiderava di più. E lei chiamava me miracolo?
Eva sospirò. Sentii l'ultimo strato della sua
tensione andare via. Siamo rimasti lì, a ricollegarci l'un l'altro, prendendo
la forza di cui avevamo bisogno. Mi scosse nel profondo sapere che io potevo
donarle un pò di pace.
Cosa mi aveva donato lei?
Tutto quanto.
Traduzione a cura di Silvia e di proprietà di Vivere nei libri
- E' vietato copiare totalmente o parzialmente e riprodurre i contenuti senza
citarne la fonte.
Admin sei sempre una grande, traduzione perfetta e sempre in prima fila con le informazioni!
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Grazie mille Papera
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